Questo articolo si propone di essere un breve proseguimento di questi precedenti, da leggere così da avere gli stessi riferimenti e non doverli quindi replicare:
- https://www.massarob.info/2012/11/servizi-di-biomeccanica-alcune.html
- https://www.bdc-mag.com/osservazioni-raffronti-e-spunti-biomeccanici-dal-tour/
In particolare sarà una raccolta di osservazioni, sul solco
di quanto fatto con il secondo articolo sopra linkato.
Alla luce di questo ultimo Giro d’Italia (2022)
1) Cosa possiamo considerare dalla posizione in sella di alcuni dei
protagonisti?
2) Quali sono le tendenze?
3) E’ possibile ricavare delle indicazioni anche per chi non è un professionista?
Osservazioni dai primi 5 della classifica generale
https://it.wikipedia.org/wiki/Giro_d%27Italia_2022#Classifica_generale_-_Maglia_rosa
HINDLEY
L’attuale mezzo del vincitore del Giro (https://road.cc/content/tech-news/jai-hindleys-giro-specialized-sl7-tarmac-and-shiv-2022-293203)
al pari delle immagini televisive confermano 2 tra i trend più recenti:
- l’utilizzo, più diffuso rispetto al passato, di reggisella con 0 offset
- angolazioni sella negative, sia per maggiore libertà concessa dall’UCI (https://archive.uci.org/docs/default-source/equipment/clarificationguideoftheucitechnicalregulation-2018-05-02-eng_english.pdf
articolo 1.3.014), sia per implicazioni “ergonomiche” che poi descriverò.
Il primo elemento vede posizioni tendenzialmente (MA NON in forma unanime)
più avanzate e basse, con altre piccole modifiche che elencherò di seguito. La
motivazione spesso addotta a questo approccio è quello
a) di aprire l’angolo tra PMS (punto morto superiore) e busto, al pari di
quanto ricercato con la posizione da crono
b) agevolare una maggiore rotazione del bacino con possibile (ma non sempre
possibile/necessario) abbassamento dell’altezza manubrio
c) eventuali (ed estremamente marginali, se si rimane nell’ambito di pochi mm)
vantaggi aerodinamici
Il secondo elemento, personalmente messo in atto da anni per favorire ancora
gli elementi appena descritti, è una scelta dettata anche dalla conformazione di
molte selle attualmente in commercio. Se messe “in bolla” creano un effetto “culla”
accentuato con incremento della pressione perineale. Inoltre sembrano esserci -ancora
marginali- vantaggi (come già in precedenza avevo riscontrato personalmente),
esempio https://osf.io/preprints/sportrxiv/a7c9q/
Volendo trovare elementi “negativi” a questa impostazione, questi sono visibili
anche (ma non solo) nell’azione di Hindlay: sotto sforzo, anche con una sella
tendenzialmente ad altezza neutra (se non tendente all’essere “bassa”) l’atleta
ha un maggiore scivolamento verso la punta della sella e un maggior carico su
arti superiori e mani.
L’aspetto positivo però è, di contro, il fatto che un’altezza sella tendente all’essere
“conservativa” per altezza riduce problemi di asimmetria di spinta e favorisce
una maggiore stabilità del bacino.
Concetti che possono essere ulteriormente approfonditi in questa ottima serie
di video: https://youtube.com/playlist?list=PLL1_j_gcxtpxJ-b9ptUikhStxEvkm1V7E
Tornando ancora a Hindley, cosa possiamo desumere?
- che il suo approccio sia “moderno”: 1) con una statura nella “media” (175 cm)
adotta zero offset reggisella, una sella centrata sul carrello ( = con un
reggisella con offset sarebbe completamente avanti) e un’inclinazione sella
negativa che lo proietta ad una antiversione del bacino con ottima stabilità/simmetria
di appoggio (evidentemente aiutata anche da buone capacità di “core”)
2) appoggio arti superiori avanzato ma non in eccessiva trazione, buona
simmetria di spinta anche se con una tendente deviazione all’esterno del
tallone sinistro. Non ho trovato foto specifiche sull’impostazione tacchette
(gialle Shimano = con massima libertà angolare+laterale) ma sembra anche in
questo caso riprendere la tendenza ad avere un arretramento più marcato rispetto
a quanto veniva fatto in passato.
PERCHE?
Anche su questo aspetto si trovano tutte le implicazioni e motivazioni nel link
alla playlist video di sopra: resta il concetto basilare che, con le attuali
suole rigide, decade totalmente il senso di dover usare la prima testa
metatarsale come qualsivoglia “riferimento” per la “leva piede”. Non pedalano
(i pro) né pedaliamo noi non pro con suole di gomma quindi il posizionamento
del centro perno pedale ha la sola funzione di incrementare (o ridurre)
a) il lavoro di stabilizzazione del piede a carico di gemelli e soleo QUANDO
SEDUTI
b) promuovere (o parzialmente attenuare/ritardare) l’azione propulsiva di
spinta sempre di questi muscoli QUANDO IN AZIONE IN PIEDI sui pedali. Motivo
per cui, escludendo alcune specifiche categorie (sprinter, velocisti) la tendenza
è quella di arretrare la posizione della tacchetta con perno interposto tra
prima e quinta testa metatarsale o anche all’altezza o posteriormente anche alla
quinta. Questo approccio richiede però una maggior attenzione al sostegno
plantare -ma mi sto già dilungando troppo su questa “parentesi”.
Tornando all’impostazione tacchette, questa nasce da un semplice ragionamento
costi-benefici: prova a pedalare appoggiando solo la punta del piede sul pedale.
L’azione della gamba (anatomicamente ginocchio-caviglia) funge quasi
esclusivamente da stabilizzatore del piede. Solo in massima spinta neuromuscolare
(e in massima estensione dell’arto = in piedi da sella) questi muscoli svolgono
anche un’azione effettivamente propulsiva.
L’attuale tendenza ad un maggiore arretramento delle tacchette tiene conto di
questa evoluzione tecnica (suole rigide= il piede non funge da perno come con
suole cedevoli) e la possibilità quindi, se l’atleta ha come obiettivo uno
sforzo protratto, prolungato e ripetibile, di ridurre di carico di
stabilizzazione (non efficiente e non utile alla propulsione) e ridistribuire
il carico muscolare anche alla catena muscolare posteriore.
Di contro posizioni molto arretrate (quasi) annullano l’azione di soleo e
gastrocnemio e impediscono azioni di rapido cambio di ritmo, situazioni sempre
presenti in una gara su strada (motivo per cui è una posizione consigliabile
solo per lunghe distanze o situazioni di espressione di potenza erogata senza
necessità di accelerazioni).
Questo ulteriore passaggio giustifica e “chiude” il cerchio su quello che
possiamo osservare ora in molti atleti: posizioni più avanzate+maggiore
antiversione del bacino+maggiore arretramento tacchette+maggiore distribuzione
del carico muscolare su tutto l’arco di spinta+riduzione dell’azione propulsiva
“a stantuffo” cercando una maggiore uniformità di spinta.
Tutto questo ha anche ulteriori implicazioni legate ai rapporti, e di
conseguenza cadenza, ora adottate rispetto a posizioni (e periodi) più “arretrati”
e spinte più “a stantuffo”.
Il vincitore del Giro inoltre è spunto di un’altra osservazione: quasi tutti,
se non tutti gli atleti, ma il discorso è trasversale anche per chi professionista
non è…una volta in sella ha una fisionomia e morfologia che lo contraddistingue
in modo evidente.
Prova a cercare le foto di Hindley sulla Cervelo R5 usata
nel 2020 (esempio)…l’impostazione
è identica, è riconoscibile su altri compagni in maniera inequivocabile. Lo
stesso si può fare con qualsiasi altro atleta ma anche nella nostra esperienza.
Sarà capitato a chiunque di riconoscere una persona in sella semplicemente da come
pedala, da come impostata. Il concetto mi serve per identificare quanto già
fatto negli articoli sopra indicati: ognuno di noi ha caratteristiche
anatomiche, funzionali (es. flessibilità) e morfologiche che lo
contraddistinguono. Ne consegue che ognuno di noi ha anche diversi gradi di
adattamento ad una postura forzatamente simmetrica (bicicletta) che contrasta
con la fisiologica (e/o funzionale/non funzionale) asimmetria del nostro corpo.
Non esiste una regola di posizionamento replicabile solo per grandezze anatomiche:
statura, altezza cavallo, ecc ecc... indipendentemente dal numero di queste variabili "geometriche". Questi parametri NON sono sufficienti.
Anche questi atleti, tutto di medesimo (massimo) livello lo dimostrano!
Inoltre anche nel corso degli anni (e in atleti, per esempio, che hanno un calo/incremento
ponderale i tempi sono notevolmente accelerati) un’impostazione biomeccanica in
un *intervallo* accettabile…può non esserlo più a distanza di pochi mesi/anni. La
nostra struttura muscoloscheletrica (e neuromuscolare) si evolve (o regredisce)
continuamente. Quando parliamo di biomeccanica dobbiamo ragionare in un’ottica
di *intervallo* di posizionamento, non nello spaccare il millimetro (questo farà
storcere il naso a molti amatori, notoriamente una categoria borderline per OCD…).
Concludendo su Hindley, racchiude, ma già lo ha dimostrato con l’impostazione
di 2 anni fa, tutte le tendenze di posizionamento più “recenti”. Sono queste le migliori, solo perché più recenti? La risposta è come sempre...dipende...dipende da come/se tali impostazioni possono essere adattate dal/adottate sul SINGOLO. Non esiste una biomeccanica per "astratto" e tanto meno pre confezionata. In quel caso la definizione è meccanica in sella, escludendo tutta la componente bio (flessibilità, asimmetrie, obiettivi, ecc ecc...) del singolo.
CARAPAZ
L’oro Olimpico di Tokyo si caratterizza per una posizione anche più aggressiva
in avanzamento rispetto a Hindley sia pure con una altezza sella meno “bassa” (cfr.
angolo a PMI tra i 2) in proporzione all’angolo in massima estensione.
In particolare nella tappa di Torino, così come in altre fasi di attacco, lo si
è visto più volte in punta di sella, anche più avanzato del rivale australiano.
Questo accentuando la chiusura nell’angolo tra braccio e busto ma anche creando
una maggiore instabilità nel bacino-tratto lombare. Quando in difficoltà
(Marmolada) questi elementi sono emersi marcatamente con una maggiore propensione
alla disarmonia forse accentuata anche da un aumentato carico a livello di
quadricipite, tendenza a scivolamento in avanti: probabile avanzamento
tacchetta sella non sufficiente a stabilizzare i due precedenti elementi.
Anche nel suo caso però queste peculiarità erano già visibili anche in sella alla Canyon
che lo ha portato vincitore nel 2019 confermando come anche cambiando mezzo…impostazioni
e posizionamento sono molto spesso non marcatamente modificabili (o anzi si
cerca volontariamente di riportarli pari pari, esempio con Nibali di seguito).
LANDA
Anche lo spagnolo, nell’arco degli anni, ha mantenuto una posizione che ben lo caratterizza: tendenzialmente basso (evidentemente per favorire una maggiore stabilità) in sella, massimizzare drop sella-manubrio MA senza cercare un avanzamento come gli atleti appena descritti. Una posizione quasi “retrò” in rapporto appunto ad altri atleti. Non viene cercata una antiversione del bacino ma una posizione neutra quando in presa sulle leve o sulla parte dritta del manubrio (sempre più rara ma Landa è uno dei pochi a adottarla ancora). In attacco e fuorisella, l’azione si abbassa ulteriormente anche con la presa bassa; anche questa caratteristica ormai rara. E’ infatti uno dei pochi atleti di alto livello a usare “per intero” le prese manubrio. Interessante la posizione tacchette, poca luce tra scarpa e pedivella e senza evidenti “accomodamenti” e differenze tra sinistra e destra pur usando le Shimano con maggiore libertà angolare-laterale.
NIBALI
Su Nibali riprendo essenzialmente quanto osservato anni fa nell’articolo in
testa. Resta un atleta di massimo livello con una posizione classica:
arretramento neutro-tendente all’accentuato, minor dislivello manubrio sella
sempre rispetto ad altri. Una posizione riportata anche negli anni come qui documentato.
Rispetto al precedente articolo le uniche modifiche visibili in maniera “dinamica”
sono una migliore/maggiore neutralità nell’inclinazione del piede sia nella
visione frontale (migliore stabilizzazione arco plantare?) che laterale
(rispetto al 2014 forse un lieve abbassamento sella).
Gli anni hanno portato inevitabilmente ad accentuale le fisiologiche asimmetrie
in spinta: una maggiore rotazione del capo (qui le teorie implicano anche una
dominanza visiva con una naturale propensione quando siamo sotto sforzo a
aumentare il focus visivo con un occhio rispetto all’altro) e un’incrementata
apertura dell’angolo del gomito, accentuata anche dal rimanere su un’ampiezza
manubrio a) superiore a quella di molti colleghi b) più visibile rispetto ad
altri colleghi come conseguenza di un minore drop sella-manubrio ( = maggior
effetto “schiacciamento”= si allargano le braccia).
BILBAO
Caso raro di modifica evidente in sella, almeno dal punto di vista “estetico”. Quasi inguardabile prima del 2022 con un andamento “a biscia” di schiena, bacino,
spinta degli arti, andamento costantemente a S della ruota anteriore in salita.
La conferma vivente che il motore, quando W/Kg fanno da padrona, è l’elemento
predominante della prestazione…anche pedalando così.
Risulta ora più composto in sella, meno contratto, contorto e “al limite”.
Elementi per altro che erano già visibili anche a intensità ridotta: https://www.youtube.com/watch?v=FjlI3U5wRb0
A livello macroscopico non sembrano esserci stati interventi particolari,
ipotizzo però una riduzione nel drop sella-manubrio (volontaria o meno come riduzione
altezza sella), una maggiore neutralità dell’angolo del bacino (prima in retroversione),
una incrementata stabilizzazione dell’arco plantare e un lavoro invernale
evidentemente proficuo di “core” dove prima vi erano parecchie
lacune. Non piccoli dettagli se consideriamo il livello di questi atleti.
ALTRI, degni di citazione
MVDP: posizione medio-avanzata sì, come da “trend” ma abbinata ad un’altezza sella
che in alcuni frangenti sembra eccessiva. Vero che questo agevola una minor
flessione nel PMS del ginocchio (problema precedente) ma si ripercuote con un
maggior carico a livello lombare (problema più recente).
CHARTY: il lungagnone britannico mantiene un “difetto” biomeccanico spesso
visibile a livelli amatoriali ma raro da riscontrare tra i pro: uno “scatto” della
caviglia, sotto sforzo, a ogni PMI, più accentuato nel piede sinistro. Questo
sommato ad un andamento “a 8” e quindi instabilità nel tracking del ginocchio
(più visibile a sinistra che a destra).
L’esempio in questo caso, ancora una volta, come il corpo umano si adatti a dismetrie
e asimmetrie per mantenere l’obiettivo di performance e che la “bellezza”
stilistica e/o tecnica è secondaria, evidentemente anche a questi livelli, se si
rimane nell’intervallo ottimale di efficienza/economia/efficacia del singolo
atleta.
POZZOVIVO: il veterano atleta ha da sempre avuto un’impostazione
particolarmente bassa in sella, ora accentuata (e ricercata?)
come elemento di compensazione anche a gravi infortuni e incidenti. Avanzamento
e scivolamenti in sella, sia pure bassa, però marcato in questo specifico
caso da una minore stabilità del piede (tacchetta avanzata) con ulteriore
sovraccarico alla catena anteriore (quadricipite): in questi casi l’azione di
questo potente muscolo tende a “tirare” l’atleta in avanti, anche in situazioni
come questa dove l’altezza sella non è eccessiva (anzi, al contrario).